Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Ettore Monteleone, ribelle senza patria: Bunga Bungasi


La città è deserta.
Tutti al mare.
Tutti a rincorrere le vie delle speranze non più amare.

Ettore era  arrivato in via Cavana.
La chiesa sconsacrata, abbandonata, era  a pochi metri dal centro di Trieste, ora dormiente o vacanziero.

Son vacanziero, seguo il mio pensiero, sorrido e non mi dispero, dunque tra insalate surgelate e patate scongelate, tra caffè bolliti e sogni di rivolta mai assopiti, corre per via Cavana la ribelle carovana condotta dall'indignazione dotta e l'incazzatura in rivolta. Vuote le strade di Trieste, colme le case imprigionanti le vacanze attese, ma in tal momento via Cavana è solo per me.
Dissacrare ciò che è sconsacrato, mentre fischia il vento nella proletaria bufera.

" Eccola ma da dove si entra?"
Ettore individuò un passaggio laterale alla chiesetta .
Un segnale mobile, ma immobile nel tempo del degrado urbano, avvisava del rischio pericolo caduta intonaci.
Superato il breve ostacolo individuò quella che poteva essere la porta d'ingresso alla bocca della verità.
Si avvicinò.

Le ore, i minuti, i secondi non hanno alcuna regola in questo disordine collettivo.
Aperta la porta, una piccola rampa di scale lo condusse lì ove il tutto ha avuto, senza imbuto, origine.
Da Bunga Bungasi.

Compagni, avanti! Il gran partito
noi siam dei lavorator.
Rosso un fior c’è in petto fiorito,
una fede c’è nata in cor.


Cosa eran quelle parole?
L'internazionale...l'Internazionale che chissà da quanto tempo riempiva il vuoto di quella prigionia in tal viva agonia.
Una rete di metallo divideva il corridoio dal luogo dalla sedia del Presidente .


" E' seduto, ascolta la radio, è legato"
Bunga Bungasi era legato alla sedia, imbavagliato e forse anche sedato.
Sedato dalla radio proletaria che trasmetteva l'Internazionale.
Ettore era alle sue spalle.
Avrebbe voluto avvicinarsi.
Avrebbe voluto liberarlo per interrogarlo.
Avrebbe voluto un' infinità di cose ma era bloccato.
Tra lo spazio che divideva la rete di metallo ed il luogo di prigionia del Presidente c'era la famigerata  valigia rossa.
Era leggermente aperta.
"Mi tremano le mani"
"Ho paura, ho una fottuta paura. Cazzo è lui"
" Sono nella merdaccia ora. Se mi trovano qui sono nella merdaccia. Mi accusano di sequestro di persona e chissà di quante altre cose ancora..."
Le mani di Ettore vagarono all'interno della valigia.
Trovò una pistola ma anche un foglietto.
" Ettore, compagno Ettore. Come vedi il Presidente è qui. Questa è la verità. Prigioniero del popolo. Da giorni ascolta l'Internazionale. Da giorni non mangia. Al suo braccio è collegata una flebo. E' la sua unica fonte di nutrimento. Il vero motivo per cui non abbiamo inviato foto o video del suo stato di prigionia è semplice. Sì è vero. Avevamo detto che le condizioni di stato d'arresto proletario erano particolari. E lo sono, come puoi ben notare. Il luogo è in pieno centro città. Ma noi vogliamo che sia lo stesso popolo a vedere, a toccare con mano la verità. 
Tu sei  gli occhi del popolo.
Sarai tu a testimoniare il suo stato di prigionia. Fotografalo e diffondi quelle foto. Non potranno dire che sono false. Anche se ci proveranno in tutti i modi. Ettore, è il momento di decidere. Hai una pistola e due proiettili. Noi confidiamo che tu possa farne il giusto uso.
Non hai scampo, o tu, o lui. Decidi. Hasta siempre"

" O lui, o io?"
"o entrambi...come mi disse il povero Prof.
Ecco il perchè dei due proiettili..."
Non ho mai ucciso nessuno.
Non ho mai ucciso una mosca.
Come faccio ad uccidere una persona? 
Lui poi...

Lo osservò alle spalle.
Era sempre fermo.
L'internazionale continuava a diffondere la sua essenza tra le mura di tal luogo sconsacrato.
Guardo la pistola.
La sfioro.
Bunga Bungasi.
Volevo la verità?
Eccola.
E se non lo faccio fuori?
Probabilmente faranno fuori me.
Mi cercano.
Hanno i miei documenti.
Sono incastrato.

Non devo pensare.
Devo solo seguire il mio istinto.
Ettore pensa a quello che lui ha fatto.
Pensa a quello che lui rappresenta.
Pensa al sistema.
Pensa ai lavoratori licenziati.
Ai lavoratori uccisi dal lavoro.
Ai civili morti nelle guerre coloniali italiane.
Pensa a Vik.
Pensa a Pinelli.
Pensa ai compagni ed alle compagne morte, uccisi dal sistema.
Pensa.
Anzi no.
No.
Ettore, non pensare.
O tu.
O lui.
O entrambi.

Un lungo silenzio.
Il grilletto doveva cedere al non più tempo.
Ora.
Ettore si avvicinò.
Lo guardò, osservò le spalle possenti ma nello stesso tempo non più protette del Presidente.
Con la pistola in pugno si pose davanti al simbolo della cattiva Italia.
Aveva gli occhi inferociti.
Si avvicinò e con gesto violento strappò via il nastro adesivo che tappava la sua bocca.
Il Presidente stava per gettare un urlo, ma Ettore, tempestivamente, gli pose la mano davanti la bocca, imprigionando il suo urlo e gli sussurrò nell'orecchio..." Presidente non urli, potrebbero essere in zona è per il suo bene..."
Dopo essersi ripreso dal dolore, il scavalier Bunga Bungasi disse...
" Grazie..."
" Non so se deve ringraziarmi"
Nello stesso momento Ettore spense la radio.
" Non la sopportavo più quella canzonetta. Comunisti maledetti, devono bruciare all'inferno."
" Vedo che non ha perso la sua energia ..."
"Contro i comunisti ho sempre energia...chi è lei?"
" Sono."
" Non ha un nome? è un comunista? è qui per liberarmi? cosa vuole?"
" Sono."
" Mi staranno cercando, arriveranno presto...ho sete, acqua, puoi darmi dell'acqua? Ho sete"
" Certo, ho una bottiglietta proprio con me..beva beva..."
" Grazie ragazzo...ah sete, avevo sete....maledetti, maledette bastarde ...mi hanno drogato, maledette..."
" Come si sente ora?"
" Meglio, liberami ragazzo, liberami...come hai fatto a trovarmi, e quella pistola? Sei dei servizi?"
" Sono....ho cercato, e l'ho trovata...."
" Liberami..."
" Si, Presidente..."
Ettore liberò il Presidente dalle corde che lo tenevano stretto, fermo, e legato alla sedia. Ettore agì senza pensare.
Nello stesso tempo staccò la flebo dal braccio del Presidente.
" Ragazzo andiamo via da qui, andiamo in Questura, ma dove siamo qui? Dove siamo?"
" Siamo."
" Ma ragazzo non risponde molto lei...ci vorrebbe una bella ragazza, è timido mi sa..."
" Presidente, non ha perso il senso dell'umorismo.."
" Non so da quanti giorni sono legato qui, con questa flebo, sono sporco, ho i capelli da ritingere, puzzo, si pentiranno...si pentiranno....bandirò il comunismo, l'anarchia, la resistenza tutto quello che è collegato alla sinistra da questo paese...cosa pensavano di fare? Cosa? Vedi? Ora sono libero. Mi hai liberato. Ti compenserò caro ragazzo, ti farò fare carriera nei servizi, perchè non puoi che essere dei servizi....chiedimi tutto quello che vuoi, io sono Bunga Bungasi, amico di tutti."
" Sono."
" Aiutami a camminare, ho le gambe deboli. Andiamo fuori, prima però devo specchiarmi. Non posso uscire in modo impresentabile. Ho un fascino che non può essere declassato..."
" Provi con le finestre, sembrano utili..."
" Bravo ragazzo... questa mia prigionia forse è stata voluta dalla magistratura, dalla giustizia persecutoria nei miei confronti, da quei pm a cui non è piaciuto il mio voto... "
" Presidente, non so cosa dirle..."
" Caro ragazzo, guarda, pensavo a quella barzelletta di Malema e Tradirotti, di quando era andata a fuoco la sede di Forza Italia, dove  dicevano che il Presidente era morto e sai come era morto? Per salvarsi dalle fiamme  gettandosi dalla finestra , cadeva sul telone dei vigili del fuoco, rimbalzava, tra palazzi popolari e su su su e giù giù giù, fino a quando non decisero di abbatterlo...ma non mi abbattono, io sono qui vedi? Tu mi hai liberato..."

Il Presidente si accinse a specchiarsi. Si sfiorò i capelli. E sorrise.
Quel sorriso malefico.
Quel sorriso diabolico.
Quel sorriso padronale.

Boom.

Ettore Monteleone


Marco Barone

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