Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

La democrazia si esporta, anzi no! Intanto ti vendo le armi.

"Non possiamo dire: questo e’ il nostro modello, prendetelo ha detto Frattini. “L'Europa non deve fare questo, perché sarebbe non rispettoso della sovranità e dell'indipendenza dei popoli", ha precisato Frattini. "Dobbiamo sostenere tutti i processi di transizione, ma non interferire", ha affermato il Ministro facendo riferimento non solo alla Libia. Frattini ha insistito sulla necessità di "mobilitare fondi e risorse" per aiutare i paesi del nord Africa. "Se tollerassimo che l'economia crollasse in questi paesi saremmo noi i primi a pagarne le conseguenze", ha precisato il ministro facendo riferimento all'aumento dei flussi di immigrati. 

Ma era il lontanissimo 11 ottobre 2010 che...
«La democrazia si esporta con tutti i mezzi necessari. Le armi servono solo a difendersi e ad assicurare la vita quotidiana. Sa cosa faceva il convoglio armato degli alpini assaltati sabato mattina?»


Ma son matto o non credo ai miei occhi?
Cioè lo stesso Ministro, ovvero quella persona che rappresenta l'Italia nel mondo, che si relaziona con paesi per l'interesse supremo del non popolo italiano ha cambiato idea sul concetto di esportazione di democrazia?
Ma questa democrazia la si esporta o no?
Ma questa democrazia la si deve imporre o no?
Intanto nella vicina Libia, così come accaduto in Egitto, in Tunisia, tanti morti, tanti morti e tanti morti.

Ma come in Libia massacrano la folla, il popolo, e l'Europa cosa fa?  E gli Usa cosa fanno? 
Guardano ma guardono anche la borsa.
Titoli in ribasso, titoli in tracollo.
Beh la gente muore per protestare contro la dittatura, ma le borse sono le borse, il capitale è il capitale, ovvio, giusto no?
Ma l'esercito libico spara sulla folla con le armi italiane?
Dovete sapere, o meglio dovete ricordare, e ripeto dovete, che il Trattato italo-libico di cooperazione e amicizia, firmato il 30 agosto 2008 da Silvio Berlusconi, e Muhammar Gheddafi, leader libico, ha aperto in sostanza le porte del Paese nordafricano alla povera, poveretta, industria militare italiana.
 L' Articolo 20  del detto Trattato, Collaborazione nel settore della Difesa , prevede che :
1 Le due Parti si impegnano a sviluppare la collaborazione nel settore della Difesa tra le rispettive Forze Armate, anche mediante la finalizzazione di specifici Accordi che disciplinino lo scambio di missioni di esperti, istruttori e tecnici e quello di informazioni militari nonché l'espletamento, di manovre congiunte.
2.       Si impegnano altresì ad agevolare la realizzazione. di un forte ed ampio partenariato industriale nel settore della Difesa e delle industrie militari.
3.       In tale ambito, l'Italia sosterrà nelle sedi internazionali la richiesta della Libia di indennizzi per i danni subiti da propri cittadini vittime dello scoppio delle mine e per la riabilitazione dei territori danneggiati, con tutti gli Stati interessati.

Beh è anche vero che  la Libia è un buonissimo mercato per le armi. Secondo il rapporto 2009 pubblicato dal Sipri (Sipri Yearbook 2009, www.sipri.org), nel 2007  ha acquistato armamenti per 423 milioni di euro.   Nel 2008 ad esempio,  la Libia, con 93,2 milioni di euro di fatturato, era il nono cliente dell’industria bellica italiana.

La democrazia, la loro,  è anche questo d'altronde, aspettando il Marocco, e ovviamente l'Iran.
Marco Barone

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