La celebrazione del fascismo della passeggiata di Ronchi di D'Annunzio e l'occupazione di Fiume

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Mio caro compagno, Il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Ancora una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Riassumete l'articolo !! che pubblicherà la Gazzetta del Popolo e date intera la fine . E sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio Non sarà stato forse un fascista dichiarato, D'Annunzio, certo è che non fu mai antifascista, era lui che aspirava a diventare il duce d'Italia e la prima cosa che fece, all'atto della partenza da Ronchi per andare ad occupare Fiume, fu quella di scrivere a Mussolini, per ottenere il suo sostegno. Perchè D'Annunzio ne aveva bisogno. Il fascismo fu grato a D'Annunzio, per il suo operato,  tanto che si adoperò anche per il restauro e la sistemazione della casa dove nacque D'Annunzio e morì la madre. E alla notizia della morte, avvenuta il 1 marzo del 193

Ancora un morto sul lavoro alla Fincantieri.

Ecco il suono meccanico dei trapani, dei bulloni che vengono svitati, dei colpi secchi e veloci del martello.
Respiri il profumo del sudore della fatica del lavoro, respiri l'aria dello sfruttamento, respiri aria di mare confusa nella polvere della società industrializzata.
Ma senti anche all'improvviso un suono strano, ahimè sempre più ordinario, un suono nefasto.
Cerchi di capire l'origine di quel suono.
Un volo di venti metri.
Un volo nella sofferenza del lavoro.
Ecco la disperazione. La corsa veloce contro il tempo.
Urla, pianti, abbracci e lacrime, tante lacrime.

Era un giovane di soli 23 anni, originario del Bangladesh.
E' morto in un infortunio nello stabilimento Fincantieri a Monfalcone (Gorizia).
Lavorava per una ditta d'appalto esterna.
Lavorava sul ponte 12  della Carnival Magic, la nave vicina alla consegna. 
Ma la magia della Carnival Magic si è mutata in una tragedia, che non farà notizia se non in qualche battuta di agenzia di stampa, forse si discuterà per qualche giorno di questa tragedia del lavoro nel lavoro, forse ed ancora forse.
Nel 2008 accadeva altro evento mortale.
Già, evento mortale.
La causa era il lavoro. Il luogo era la Fincantieri di Monfalcone.
Questa volta nessun volo senza ali, no.
Questa volta schiacciamento.

Ma viene in mente anche la morte, sempre lei puntuale come non mai in tal società disgraziata, di un operaio della Fincantieri di Monfalcone, di 43 anni, per un incidente sul lavoro avvenuto a bordo della "Ruby Princess", nave di 116mila tonnellate della Cruises Lines.
Anche lui  schiacciato  ma questa volta da una porta stagna della sala motori.

Una persona che per arricchire l'interesse di pochi ora non esiste più.
Una persona uccisa dai meccanismi del sistema, uccisa dalle regole di questo mondo capitale.
Certo è una società in rivolta quella del 2011, vedi la situazione strana vigente nel caldo mediterraneo.

Ma questa volta, per cortesia, risparmiateci le solite formule di rito, le solite indignazioni, le solite critiche, i soliti dispiaceri. 

Ora veramente basta. Basta con queste scatole cinesi, basta con il sistema delle esternalizzazioni, basta con il giocar con la vita delle persone per risparmiare soldi ed ancora soldi, per incrementare il profitto di pochi con la vita dell'operaio, con la vita dell'uomo.
Basta con le vittime sul lavoro, basta con gli omicidi sul lavoro, nel lavoro.
Non saranno i risarcimenti danni, non saranno le monetizzazioni del diritto alla salute ed alla vita a calmare le acque.
Il diritto alla vita, il diritto ad abbracciare l'amore, il diritto a guardar l'orizzonte del mare, il diritto al sorriso non ha prezzo.


Marco Barone

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