La celebrazione del fascismo della passeggiata di Ronchi di D'Annunzio e l'occupazione di Fiume

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Mio caro compagno, Il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Ancora una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Riassumete l'articolo !! che pubblicherà la Gazzetta del Popolo e date intera la fine . E sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio Non sarà stato forse un fascista dichiarato, D'Annunzio, certo è che non fu mai antifascista, era lui che aspirava a diventare il duce d'Italia e la prima cosa che fece, all'atto della partenza da Ronchi per andare ad occupare Fiume, fu quella di scrivere a Mussolini, per ottenere il suo sostegno. Perchè D'Annunzio ne aveva bisogno. Il fascismo fu grato a D'Annunzio, per il suo operato,  tanto che si adoperò anche per il restauro e la sistemazione della casa dove nacque D'Annunzio e morì la madre. E alla notizia della morte, avvenuta il 1 marzo del 193

Lettere: i detenuti, da varie carceri, scrivono a Riccardo Arena

www.radiocarcere.com, 27 gennaio 2010



La degradata galera di Agrigento. Caro Arena, abbiamo letto con piacere quanto hai scritto l’altra settimana sulla pagina di Radiocarcere del Riformista in merito al carcere di Agrigento. È tutto vero! Infatti siamo costretti a vivere in tre detenuti dentro celle chiamate cubicoli, fatte per ospitare solo un detenuto e grandi appena 6 mq. Celle non solo piccole, ma anche rovinate. Appena fuori piove, acqua dal soffitto, mentre le altre sono invase da infiltrazioni causate dalla rottura delle tubazioni.

Anche il diritto alla salute qui è a rischio. Mancano le medicine e una adeguata assistenza sanitaria. Per il resto siamo abbandonati a noi stessi, senza lavoro e senza un supporto psicologico. Non a caso qui spesso ci sono tentativi di suicidio, altri sniffano il gas dalle bombolette ed altri ancora si tagliano le braccia.

Sappi che anche che noi del carcere di Agrigento abbiamo protestato pacificamente contro le nostre precarie condizioni di vita. Il bello è che in tutto questo la magistratura di sorveglianza non fa che ignorarci. Io ad esempio ho quasi finito di scontare la mia pena di otto anni, ho trovato un lavoro all’esterno, ma ciò nonostante non riesco ad ottenere una misura alternativa. Ringrazio Il Riformista e te che ci date modo di far sentire la nostra voce.



Giuseppe dal carcere di Agrigento



La nostra vita al Marassi di Genova. Caro Riccardo, siamo otto detenuti del carcere Marassi di Genova. Otto detenuti che dividono la stessa piccola cella. Una cella dove per muoverci ognuno di noi ha a disposizione solo 90 centimetri. È dentro questo piccolo spazio che noi mangiamo, dormiamo, scriviamo e ci laviamo. Qui è tutto vecchio e rovinato. I materassi sono scaduti da 20 anni, e sia le brande che gli armadietti sono pieni di ruggine. La nostra cella è anche molto buia.

Infatti le finestre sono piccole e, oltre alle sbarre, sono ricoperte da una fitta rete metallica che impedisce l’ingresso della luce del sole, tanto che molti di noi hanno seri problemi alla vista. Come se non bastasse soffriamo anche un gran freddo. Infatti il riscaldamento, pur essendoci, non viene mai acceso e forse pensano che sia inutile visto che, essendo in 8 in cella, ci posiamo riscaldare con i nostri respiri! Il vitto poi è immangiabile. Ti diciamo lo che per farci fare colazione, pranzo e cena, il carcere spende solo 3 euro e 40 centesimi a testa. Se poi un detenuto si sente male, lo può fare solo dalle 7.30 alle 8 del martedì, giovedì e sabato, perché negli altri giorni e alle altre ore non c’è nessuno. Insomma qui l’unica cosa che funziona è l’inserimento verso la depressione.



8 persone detenute nel carcere Marassi di Genova

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