La celebrazione del fascismo della passeggiata di Ronchi di D'Annunzio e l'occupazione di Fiume

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Mio caro compagno, Il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Ancora una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Riassumete l'articolo !! che pubblicherà la Gazzetta del Popolo e date intera la fine . E sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio Non sarà stato forse un fascista dichiarato, D'Annunzio, certo è che non fu mai antifascista, era lui che aspirava a diventare il duce d'Italia e la prima cosa che fece, all'atto della partenza da Ronchi per andare ad occupare Fiume, fu quella di scrivere a Mussolini, per ottenere il suo sostegno. Perchè D'Annunzio ne aveva bisogno. Il fascismo fu grato a D'Annunzio, per il suo operato,  tanto che si adoperò anche per il restauro e la sistemazione della casa dove nacque D'Annunzio e morì la madre. E alla notizia della morte, avvenuta il 1 marzo del 193

Piazza Fontana, spuntano nuove prove

«RIAPRITE le indagini su Piazza Fontana». Lo chiederanno i familiari delle vittime al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che il sette dicembre li incontrerà in prefettura in occasione del 40esimo anniversario della strage che nel dicembre del ’69 fece 17 morti e un’ottantina di feriti. Ma intanto lo ha già chiesto con formale istanza alla Procura l’avvocato Federico Sinicato, storico legale delle parti civili nei processi che delineato le responsabilità della cellula di Ordine nuovo che faceva capo a Franco Freda e Giovanni Ventura, non più processabili perché a suo tempo già assolti definitivamente sia pure per insufficienza di prove. L’obiettivo delle nuove indagini della magistratura, a 40 anni di distanza dai fatti, sarebbe quello di individuare i complici di Freda e Ventura rimasti finora sullo sfondo. E la clamorosa iniziativa presa a fine luglio dall’avvocato Sinicato, mai resa pubblica fino ad oggi, si fonda su tre nuovi spunti investigativi.
Il primo è legato alla figura di Gianni Casalini, ordinovista padovano che tra il ’72 e il ’75 fu informatore del Sid, i servizi segreti militari di allora. Un anno fa Casalini scrisse al giudice Guido Salvini, tra i primi a riaprire i fascicoli sulle bombe della destra, dicendosi disposto a raccontare nuovi particolari. E così ha fatto di recente anche davanti alla Corte d’assise di Brescia, dove ha lasciato l’impressione di essere pronto ad aggiungere nuovi particolari.
Il secondo spunto riguarda un altro camerata padovano legato a Freda, Ivano Toniolo. Figlio di una gerarca fascista, indicato da Casalini come il camerata insieme al quale egli andava a mettere le bombe sui treni, è l’uomo che ospitò una famosa riunione a Padova, nell’aprile del ’69, durante la quale sarebbe stata pianificata la stagione delle stragi. Toniolo è scomparso dagli inizi degli anni ’70, prima rifugiandosi in Sudafrica e poi, stando alle ultime notizie, in Angola e Mozambico. Ma è ancora vivo e vegeto e potrebbe custodire importanti segreti.
L’ultima novità, forse quelle più clamorosa, arriva invece dagli archivi del palazzo di giustizia di Catanzaro, dove si celebrò il primo storico processo per Piazza Fontana e da dove è spuntata fuori una vecchia agenda di Ventura con appunti che si riferiscono ad alcuni incontri avvenuti a Paese, nel Trevigiano. E proprio in un casolare di Paese, stando al pentito nero Carlo Digilio, Freda e i suoi camerati avrebbero preparato l’esplosivo per i primi attentati. Però Digilio, nel frattempo defunto, non era stato creduto dai giudici. Ma ora la vecchia agenda di Freda potrebbe riaprire anche questo capitolo.http://roma.indymedia.org/node/14754

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