Il tempo si è letteralmente fermato alla stazione di Miramare di Trieste

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Un gioiellino liberty di epoca asburgica, che consente di arrivare al castello di Miramare, attraversando il polmone verde di Trieste, che affascina il viaggiatore, perchè il tempo si è fermato in via Beirut, a  Grignano come in nessun altro luogo a Trieste.  Un gioiellino che è ora chiuso, ora aperto, ma che necessita di essere valorizzato, riqualificato. Purtroppo già in passato preso di mira da azioni di vandali, ragione per cui venne eliminato il glicine che caratterizzava la pensilina esterna, preso di mira con vandalismi che hanno comportato spese per migliaia di euro da parte di RFI per effettuare interventi di restauro di natura  conservativa. Quella piccola stazione affascina e non ha eguali in Italia, ed è auspicabile che si possano trovare le risorse, gli intenti, la volontà, per farla ritornare ai fasti di un tempo. Purtroppo il tempo fa il suo corso e dei lavori di manutenzione sono necessari per ripristinare quel bene storico che viene invidiato da chiunque si soffermi a

Honduras: le organizzazioni sociali si sono ribellate al golpe militare



Scritto per noi da
Giorgio Trucchi di Italia Nicaragua peace reporter

Honduras, 28 giugno.



Le paure dei giorni scorsi si sono trasformate in tragica realtà durante la mattina di domenica 28 giugno, mentre la gente si preparava per accorrere alle urne ed esercitare il suo diritto a decidere sul futuro del paese. Le forze armate, ubbidendo all'ordine del Potere Giudiziale, hanno fatto irruzione in casa del Presidente dela Repubblica, Manuel Zelaya, arrestandolo e conducendolo in modo violento all'aeroporto affinché abbandonasse il paese con rotta verso il Costa Rica. Nel frattempo, i settori che hanno organizzato e diretto il colpo di stato hanno sospeso la somministrazione di energia elettrica in tutto il paese e hanno chiuso i mezzi di comunicazione del governo, mentre radio e canali televisivi si occupavano macabramente di dare informazioni sui funerali di Michael Jackson. Per questi mezzi di informazione, quasi tutti in mano alle potenti èlite economiche dell’Honduras, ciò che stava accadendo dalla 2 di mattina non era degno di nota. Questa situazione è stata il preludio alla risoluzione del Congresso Nazionale che, con una tempistica straordinaria, ha presentato una falsa lettera di rinuncia di Zelaya e del suo vicepresidente, ha votato l’ approvazione di un’indagine secondo la quale il presidente avrebbe commesso tutta una serie di delitti contro la Costituzione, e lo ha infine destituito, nominando al suo posto il presidente del Congresso, il liberale Roberto Micheletti. È quindi un vero e proprio colpo di stato quello che si è consumato in Honduras, con la partecipazione di quasi tutti i poteri economici e politici del paese che di fatto hanno armato la mano delle Forze Armate. La notizia del sequestro del presidente e dell’occupazione della Casa Presidenziale ha cominciato a diffondersi poco prima delle 6 di mattina, quando il popolo honduregno si stava preparando per partecipare alla Consultazione Nazionale sulla creazione di una Quarta Urna nelle prossime elezioni presidenziali di novembre.

Di fronte a questa notizia, al silenzio mediatico dei mezzi di informazione nazionali ed alla difficoltà per le agenzie internazionali, impossibilitate ad inviare notizie per il black out energetico, i movimenti e le organizzazioni sociali, popolari e sindacali si sono immediatamente attivate ed hanno iniziato a preparare il proprio piano di mobilitazione per opporsi al vergognoso colpo di stato. Nel frattempo, la gente ha cominciato a confluire in modo spontaneo davanti alla Casa Presidenziale, già saldamente in mano all’esercito. In mezzo alla confusione, alla mancanza di notizie ed all’evidente e comprensibile rabbia della popolazione, si è diffusa la notizia che l’ esercito aveva arrestato la ministra degli Esteri, Patricia Rodas ed aveva colpito e trattenuto gli ambasciatori del Venezuela, Cuba ed il Nicaragua, “colpevoli” di aver voluto difendere la ministra con la loro presenza. Arrestati la maggior parte dei ministri, mentre altri, insieme ai direttori ed al personale delle istituzioni pubbliche, abbandonavano le loro case in cerca di un posto sicuro dove nascondersi o si avviavano verso la Casa Presidenziale, per cercare sostegno tra le migliaia di persone accorse all’appello dei movimenti sociali. Il susseguirsi di questi episodi ha scaldato ulteriormente gli animi e in più di un’occasione la gente ha minacciato di irrompere nella Casa Presidenziale, cosa che senza dubbio avrebbe provocato un bagno di sangue. I leader delle organizzazioni popolari hanno quindi invitato la gente a mantenere la calma e non fornire all’esercito ed alle èlite che lo controlla l’occasione di intervenire violentemente. Dura comunque la reazione dei movimenti sociali. “Diciamo al mondo che il popolo honduregno si sta ribellando –ha detto Carlos H. Reyes, segretario generale del STIBYS e candidato indipendente per la Presidenza della Repubblica, davanti alla moltitudine concentrata di fronte alla Casa Presidenziale a Tegucigalpa-. Lo facciamo pacificamente e continueremo a farlo in tutto il paese fino a che il presidente Zelaya non verrà reintegrato al suo posto. Per questo abbiamo bisogno che tutti i presidenti del continente latinoamericano e del mondo esigano a questa oligarchia traditrice che ristabilisca l'ordine democratico. Continueremo a resistere fino al ritorno del presidente Zelaya", ha detto Reyes. Dal Costa Rica il presidente Zelaya ha immediatamente indetto una conferenza stampa, accompagnato dal presidente Oscar Arias, durante la quale ha detto che non riconoscerà nessuna persona che assuma la carica che gli appartiene di diritto ed ha accusato del colpo di stato "una élite vorace che sta dominando il paese e che non ha limiti".

La situazione molto critica che in queste ore si sta vivendo in Honduras ha cominciato a definirsi durante il corso della giornata di domenica, quando i congressisti si sono riuniti in Parlamento ed hanno destituito il presidente Zelaya ed il suo vicepresidente, eleggendo allo stesso tempo Roberto Micheletti er i mesi che mancano alle elezioni di novembre. Nel frattempo, la comunità internazionale ha lanciato severi avvertimenti al nuovo corso “golpista”, dichiarando il proprio sostegno unanime a Manuel Zelaya e riconoscendolo come legittimo presidente dell’ Honduras. Dal Costa Rica, il presidente Óscar Arias ha annunciato che parteciperá insieme a Zelaya alla riunione dei presidenti del Sistema di Integrazione Centroamericana, SICA, e ha invitato tutti i presidenti del Gruppo di Río a esprimere la propria solidarietà al presidente honduregno. Nella serata di ieri è arrivata anche la condanna del presidente dell’ Assemblea dell’ONU, Miguel D’Escoto, della OSA, del Parlamento Centroamericano e del governo Obama. Le dichiarazioni del presidente nordamericano e della segretaria di Stato, Hillary Clinton, sono state una vera e propria doccia fredda per il nuovo pseudo presidente e per le ricche famiglie che controllano l’economia del paese. In nottata i presidenti dei paesi che fanno parte dell’ALBA hanno attaccato duramente il colpo di stato ed hanno intimato al nuovo presidente Michelleti di rinunciare immediatamente a questa farsa. Fondamentale a questo punto la capacità di mobilitazione e resistenza delle organizzazioni sociali. "È importante resistere e presidiare le strade. Qualunque atto che permetta al nemico di tirarci via dalle strade sarà un vantaggio i “golpisti”, perché saranno loro a prenderne possesso. È molto probabile che decretino un coprifuoco, ma noi dobbiamo restare qui, uniti ed ai nostri posti –ha detto Carlos H. Reyes alla gente--. Per questo dobbiamo continuare la nostra resistenza pacifica fino a che non si risolva la situazione, e dobbiamo duplicare o triplicare il numero di persone disposte a lottare qui con noi. Bisogna chiamare i quartieri, le comunità, affinché aderiscano a questa mobilitazione. Ci manterremo in contatto con il resto del paese –ha continuato il leader sindacale dello STIBYS- per garantire una conduzione nazionale che ci permetta di trionfare, perché è di questo che si tratta, e solo la mobilitazione e la resistenza pacifica ci permetterà di sconfiggere questi "gorilla" che si sono impadroniti dell’Honduras su istruzione di un gruppo di mafiosi che controllano la nostra economia ed il paese intero. Qui non si tratta di persone o di leader, ma si tenta di cominciare a gestirci come gruppo, come collettivo, come organizzazione. Tutti dobbiamo pensare e contribuire a condurre questa lotta, perché la migliore intelligenza è l'intelligenza di tutti", ha concluso Carlos H. Reyes in mezzo alle grida ed agli applausi.

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