C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Intesa tra Italia e Francia per il nucleare...


Quattro centrali. La prima accesa nel 2020 e le altre tre a seguire. Ognuna con una potenza di 1600 megawatt, per un totale di 6400 Mw : vale a dire il 25 per cento dei consumi di energia nel nostro Paese.
La rotta che riporta il nucleare in Italia è tracciata nei tre documenti che verranno siglati oggi durante il vertice italo-francese di Roma: l'accordo intergovernativo predisposto per le firme del premier Silvio Berlusconi e del presidente Nicolas Sarkozy, e i due memorandum of understanding che saranno sottoscritti da Enel e Edf.

E' uno di questi ultimi, in particolare, a sancire la svolta energetica italiana, in attesa naturalmente dell'approvazione definitiva delle regole che dovranno fornire il contesto normativo al ritorno dell'atomo - ovvero il ddl del ministro dello Sviluppo Economico, Scajola, ormai a tre quarti del proprio iter parlamentare - nonché della scelta dei siti che ospiteranno gli impianti. Il documento, infatti, prevede la creazione di una joint-venture tra Enel e Edf per la progettazione e la realizzazione di quattro unità EPR (le centrali nucleari di terza generazione) sul territorio italiano. Enel avrà la maggioranza sia del controllo che dell'esercizio delle centrali, e toccherà sempre al gruppo italiano la fetta più consistente dell'energia ritirata. Paritetica, invece, la parte relativa allo sviluppo della progettazione degli impianti, il primo dei quali dovrebbe accendere le turbine entro il 2020. Enel, peraltro, potrebbe non essere l'unica protagonista italiana dell'operazione: il memorandum prevede che il capitale della joint-venture sia aperto all'ingresso di altri soci (gli operatori del settore - come Edison, Sorgenia, le municipalizzate, E. On Italia - e le cosiddette società energivore, ovvero i siderurgici, il comparto della ceramica o dell'alluminio), con la diluizione proporzionale delle quote in capo al gruppo guidato da Fulvio Conti e all'Edf. Proprio Edf, peraltro, controlla insieme ad A2A (municipalizzate di Milano e Brescia) la Edison.
L'altro memorandum consolida invece la presenza in Francia di Enel: dopo la partecipazione al 12,5% nel progetto del reattore EPR di Flamanville, il gruppo italiano ottiene la medesima quota nella realizzazione del secondo impianto di terza generazione, quello di Penly sempre in Normandia. Un'altra tessera del mosaico che a fine percorso Enel avrà oltralpe: 1.200 Mw di nucleare, 500 Mw di eolico, 800 Mw di carbone pulito, 930 Mw di cicli combinati e la partecipazione all'idroelettrico.

Quanto al protocollo di accordo tra le due cancellerie, quello alla firma di Berlusconi e Sarkozy, presenta aspetti che vanno al di là dei semplici orientamenti. E' il caso del coinvolgimento delle aziende che costruiscono le centrali: il documento prevede infatti lo "sviluppo della cooperazione industriale tra le imprese della filiera nucleare dei due Paesi, in particolare tramite la realizzazione di partenariati strategici industriali (...) tra imprese italiane e francesi competenti per l'ingegneria e la realizzazione di ogni tipo di apparecchiature per le centrali elettronucleari". Il che significa, ad esempio, che una joint-venture come quella tra Enel e Edf potrebbe nascere tra l'Ansaldo e un'analoga impresa francese (Areva): un'apertura, dunque, del mercato francese per la società del gruppo Finmeccanica che oggi produce prevalentemente centrali su licenza Westinghouse-Toshiba.

Tutte le intese che verranno firmate oggi nel settore dell'energia sembrano all'insegna della reciprocità. Almeno nelle intenzioni. Il protocollo fissa la "volontà di eliminare gli ostacoli che possono limitare la cooperazione bilaterale nel campo industriale e commerciale, e di favorire l'apertura reale e reciproca così come il buon funzionamento del mercato dell'energia, nel rispetto del diritto comunitario e delle legislazioni nazionali".

Infine, il decommissioning e le centrali di quarta generazione: nel primo caso il protocollo prevede "la cooperazione tecnica e industriale per lo smantellamento degli impianti, al momento opportuno, nei due Paesi"; nel secondo, "partenariati in materia di ricerca e di sviluppo tecnologico, in particolare tra gli organismi pubblici Enea e il suo omologo francese Cea, compresi i progetti definiti come reattori di quarta generazione e i reattori di ricerca".

tratto da repubblica di oggi

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